L’Antitrust ha irrogato a Vodafone sanzioni per un totale di 1.000.000 euro per aver adottato pratiche commerciali scorrette nell’ambito di due manovre di riduzione da 30 a 28 giorni del periodo di rinnovo delle offerte di telefonia mobile e fissa. Le pratiche, informa una nota, sono state poste in essere nei confronti di specifici target di utenti: da un lato, i sottoscrittori di offerte di telefonia mobile voce e/o dati in abbonamento abbinate alla vendita a rate di prodotti ; dall’altro, i clienti di opzioni per la telefonia fissa rispetto alle quali è prevista una facilitazione sul costo di attivazione nonché di offerte Dual Pay per le quali è previsto un corrispettivo in caso di recesso anticipato.
L’Authority, si legge nella nota, ha accertato la scorrettezza delle condotte consistenti nell’aver modificato il periodo di rinnovo delle opzioni voce mobili abbinate alla vendita a rate di prodotti (smartphone, tablet ecc.) e delle opzioni della telefonia fissa caratterizzate dalla rateizzazione del costo di attivazione e, in alcuni casi, da un corrispettivo per recesso anticipato, prevedendo nel caso di esercizio del diritto di recesso l’addebito immediato delle rate residue del prodotto (offerte mobili ricaricabili) o del costo di attivazione (offerte telefonia fissa) nonché l’eventuale corrispettivo per il recesso anticipato (offerte mobili in abbonamento e offerta fissa Dual Pay). L’Autorità ha rilevato che l’imposizione unilaterale del passaggio da 30 a 28 giorni del periodo di rinnovo ha comportato un aggravio economico per tutti i clienti.
Queste pratiche attuate da Vodafone sono state quindi ritenute “aggressive” dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in quanto idonee a limitare la libertà di scelta rispetto all’esercizio del diritto di recesso dal contratto da parte di quei consumatori che non intendevano accettare le modifiche predisposte unilateralmente dalla società – diritto riconosciuto dalle norme di settore quale specifica tutela per il cliente a fronte di una variazione contrattuale imposta dall’altro contraente. Peraltro, nel settore della telefonia mobile, la modifica del periodo di rinnovo è stata realizzata in un contesto di mercato e secondo tempistiche che, considerati nel loro complesso, limitavano la possibilità di poter reperire sul mercato offerte diverse e così incidevano sulla decisione dei clienti circa l’esercizio o meno del relativo diritto di recesso.
Nel mese di Agosto, l’Antitrust ha comminato a Telecom e Wind una multa, rispettivamente, di 410.000 e 455.000 euro, per aver adottato pratiche commerciali scorrette in occasione della riduzione del periodo di rinnovo delle offerte di telefonia mobile sottoscritte dai propri clienti da 30 a 28 giorni. In particolare, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha accertato la scorrettezza della condotta delle due società consistente nell’aver modificato il periodo di rinnovo, tra l’altro, delle opzioni voce mobili abbinate alla vendita a rate di prodotti (smartphone, tablet ecc.), prevedendo a carico di coloro che avevano esercitato il diritto di recesso l’addebito in un’unica soluzione del saldo delle rate residue. Per quanto riguarda Telecom, la pratica prevedeva anche il pagamento di ulteriori somme nelle ipotesi di passaggio ad altro operatore.
Nel caso di Wind, invece, è stata considerata scorretta anche la condotta consistente nell’aver modificato il periodo di rinnovo anche per le opzioni rispetto alle quali era stato applicato uno sconto sul costo di attivazione, richiedendo, in caso di cessazione anticipata, un corrispettivo per il recupero di tale sconto. L’Antitrust ha rilevato che l’imposizione unilaterale della riduzione da 30 a 28 giorni del periodo di rinnovo da parte dei due operatori telefonici ha comportato un aggravio economico per tutti i clienti che non intendevano accettare tale modifica. Sulla base del Codice del Consumo le pratiche sono state quindi ritenute aggressive in quanto idonee a limitare la libertà di scelta del consumatore e il conseguente esercizio del diritto di recesso, riconosciuto dalle norme di settore proprio quale tutela a fronte di una variazione contrattuale imposta dall’altro contraente.
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