Dopo maltempo e nuove forti scosse sismiche, che tengono in ginocchio il Centro Italia, con paesi sommersi dalla neve e valanghe causate molto probabilmente dagli eventi tellurici, a preoccuparsi è la Commissione Grandi Rischi (CGR) della Protezione civile. Le faglie attive nell’Appennino Centrale dal 24 agosto scorso, infatti, con la devastante scossa che ha distrutto Amatrice, non hanno trovato ancora assestamento e, anzi, hanno il potenziale di produrre terremoti di elevata magnitudo (6-7). Sono tre le zone in cui potrebbe ancora verificarsi un forte sisma, quelle contigue alla faglia principale che corre da N-O a S-E, tra Monte Vettore e Monte Gorzano.
La Commissione Grandi Rischi, d’intesa con il Capo Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, si è riunita il giorno 20/1/2017 a seguito della ripresa della sismicità che ha colpito l’Appennino Centrale a partire da Agosto 2016. Le risultanze della riunione, si legge in un comunicato diffuso dalla stessa Protezione Cvile, sono contenute nel Verbale consegnato al Dipartimento, di cui si riporta qui una sintesi. Lo scopo della riunione era la valutazione dei possibili scenari evolutivi della sismicità in corso, alla luce delle informazioni attualmente disponibili. La sequenza sismica che ha colpito l’Appennino Centrale su una lunghezza complessiva di oltre 70 chilometri, ha avuto sino ad ora quattro momenti principali di rilascio sismico:
• il 24 agosto, con l’evento di M6 di Amatrice, in provincia di Rieti; • il 26 ottobre, con due eventi principali di M5.4 e M5.9 che hanno esteso la sismicità verso nord; • il 30 ottobre, con l’evento di M6.5 che ha ribattuto la zona a cavallo degli eventi precedenti; • il 18 gennaio, con 4 eventi di magnitudo M5.0-5.5, su una lunghezza di circa 10 chilometri nella parte meridionale della sequenza, nell’area di Montereale (L’Aquila), che si ricongiungono alla sismicità aquilana del 2009. Si tratta di una singola sequenza sismica. L’area era già stata colpita da sequenze simili e da grandi terremoti in passato, in particolare dall’evento del 1639, e non era stata interessata dagli eventi recenti di Colfiorito (1997) e dell'Aquila (2009).
Questa sequenza, si legge nella relazione, può essere considerata come tipica dell’attività sismica appenninica, e come tale aspettata sulla base della storia sismica e del contesto sismo-tettonico regionale. Un aspetto della sismicità di questa regione è la possibilità che le sequenze possano avere una ripresa e propagarsi alle aree limitrofe, come già avvenuto ad esempio per la sequenza del 1703 (con una durata di oltre un anno e due eventi di magnitudo tra 6.5 e 7 a distanza di un mese), del 1639 (almeno due eventi comparabili a distanza di una settimana), di Colfiorito (1997, M6.0, con una sequenza di sei eventi di magnitudo oltre 5.2 su una durata di sei mesi) e ora nella zona di Amatrice, con tre eventi di Mw5.9-6.5 negli ultimi cinque mesi.
La Commissione conferma l’impianto interpretativo già formulato a seguito degli eventi del 24 agosto e del 26 e 30 ottobre. Gli esperti spiegano che ad oggi non ci sono evidenze che la sequenza sismica sia in esaurimento. La Commissione identifica tre aree contigue alla faglia principale responsabile della sismicità in corso, che non hanno registrato terremoti recenti di grandi dimensioni e hanno il potenziale di produrre terremoti di elevata magnitudo (M6-7). Questi segmenti – localizzati rispettivamente sul proseguimento verso Nord e verso Sud della faglia del Monte Vettore-Gorzano e sul sistema di faglie che collega le aree già colpite dagli eventi di L’Aquila del 2009 e di Colfiorito del 1997 – rappresentano aree sorgente di possibili futuri terremoti.
I recenti eventi hanno prodotto importanti episodi di fagliazione superficiale che ripropongono il problema della sicurezza delle infrastrutture critiche quali le grandi dighe. La Commissione esprime la sua vicinanza alla popolazione colpita dalla sequenza e si complimenta con il DPC per l’efficacia con cui sta affrontando l’emergenza, conclude il comunicato. Dopo l’allarme della Commissione Grandi Rischi è massima l’attenzione sul rischio dighe nella zona di Campotosto (in provincia dell’Aquila) dove c'è il secondo bacino più grande d’Europa. A tal proposito l’Enel è intervenuta per rassicurare di non aver rilevato alcun danno alla diga di Campotosto ma, come misura cautelare, ha deciso di procedere ad una ulteriore progressiva riduzione del bacino.
I recenti eventi hanno prodotto importanti episodi di fagliazione superficiale che ripropongono il problema della sicurezza delle infrastrutture critiche quali le grandi dighe. La Commissione esprime la sua vicinanza alla popolazione colpita dalla sequenza e si complimenta con il DPC per l’efficacia con cui sta affrontando l’emergenza, conclude il comunicato. Dopo l’allarme della Commissione Grandi Rischi è massima l’attenzione sul rischio dighe nella zona di Campotosto (in provincia dell’Aquila) dove c'è il secondo bacino più grande d’Europa. A tal proposito l’Enel è intervenuta per rassicurare di non aver rilevato alcun danno alla diga di Campotosto ma, come misura cautelare, ha deciso di procedere ad una ulteriore progressiva riduzione del bacino.
Via: Protezione Civile
Foto: INGV
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