Sarah Scazzi: in vendita il costume di zio Michele per Carnevale choc


Nel giorno dell’arresto del fratello e del nipote di Michele Misseri, è apparsa la curiosa notizia della messa in vendita di un costume di carnevale di zio Michele. Michele Misseri, l'uomo accusato insieme alla figlia Sabrina dell'omicidio di Sarah Scazzi, la giovane 15enne di Avetrana, è diventato una maschera di carnevale. Cappello da contadino, gilet e una corda in mano, tanto per inquadrare immediatamente il personaggio. E' l'ultima trovata, di pessimo gusto, del carnevale napoletano. Ad escogitarla, un commerciante di abbigliamento per bambini dai tre agli  anni, Mario Mazza che vende anche altri discutibili abiti di carnevale tra cui la maschera dell’ex boss Totò Riina.

Il costume è indossato da un manichino con le fattezze di un bimbo di circa sei anni che stringe in mano la corda che ricorda la tragica morte di Sarah, in una vetrina della Sanità, quella di «Le Iene Lingerie», un negozio che vende anche intimo. In vetrina, appesi a una stampella ci sono pure i costumi di Ruby e Berlusconi. Ne ha venduti tre di costumi carnevaleschi di zio Michele a due mamme del quartiere e una dei Colli Aminei. In pratica ha esaurito il prodotto, perché ne ha fatti solo tre. Li fa confezionare artigianalmente. Tiratura limitata. Ma non è filato tutto liscio. Molti clienti, come lui, si sono immedesimati nell’atmosfera della festa liberatoria e scandalosa e sono stati al gioco. «Sono divertenti» hanno commentato.


Altri hanno protestato, giudicando la pensata di pessimo gusto. Segno che l’assuefazione non ha ancora contagiato tutti. Mazza, sposato e con due figlie, da tempo ha persino registrato il nome del negozio e ha un sito internet per pubblicizzare i prodotti, ma anche per venderli direttamente. Lo straripamento mediatico ha travolto ormai i confini del buonsenso, portando il gioco all’estremo. Mazza vende anche la maschera di Riina, l’ex boss detenuto secondo il 41 bis, il cosiddetto “carcere duro”. Una misura che venne introdotta della legge del 26 luglio 1975. Fu inizialmente pensata per le rivolte in carcere ma nel 1992, dopo la strage di Capaci, venne estesa ai condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso.

La norma aveva carattere temporaneo ma è stata poi rinnovata. In Italia i detenuti al 41 bis sono in carcere per associazione mafiosa, come il boss corleonese, o per sospetta attività di terrorismo. L’arresti di Riina fu effettuato il 15 gennaio del 1993 dopo 24 anni di latitanza dagli uomini del “Capitano Ultimo” ovvero Sergio De Caprio (attuale colonello), del Ros dei Carabinieri guidato all’epoca dei fatti dal Generale Mario Mori. Per troppi anni la fama di «don Totò» e stata alimentata da storie, aneddoti, indiscrezioni, ma da pochi fatti certi. Quasi ventiquattro anni di latitanza, l’assenza di foto recenti, l’alone di mistero che da sempre lo ha circondato, hanno contribuito a creare questo «mostro». Lui, Riina, ha finito col racchiudere in sé la storia più recente e la più cruenta di Cosa nostra. 

Nessun commento:

Posta un commento