Le mani della della criminalità organizzata pugliese, reggina e catanese sul mercato delle scommesse online. È quanto emerso al termine di tre diverse indagini delle Procure di Bari, Reggio Calabria e Catania, coordinate dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo che hanno portato all'arresto di 68 persone e al sequestro di beni in Italia e all'estero per oltre 1 miliardo, oltre a quello di 23 società estere, 15 società italiane operanti nel settore dei giochi e delle scommesse, 33 siti nazionali e internazionali di “gambling on line”. Il volume delle giocate, riguardanti eventi sportivi e non, scoperto dagli investigatori di Guardia di Finanza, Polizia e Carabinieri, supera 4,5 miliardi.
«Le indagini, originariamente condotte da personale del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e coordinate dal Procuratore Capo della Repubblica di Reggio Calabria, hanno accertato l’esistenza di una pluralità di associazioni per delinquere operanti sul territorio nazionale nel settore della raccolta del gioco e delle scommesse con i marchi “*************” (fino al 2017), “********” ed “********” (con condotta tuttora perdurante) le quali, in rapporto sinallagmatico con la ‘ndrangheta, da un lato consentivano a quest’ultima di infiltrarsi nella propria rete commerciale e di riciclare gli imponenti proventi illeciti, dall’altro traevano esse stesse significativo supporto per l’ampliamento della propria rete commerciale e per la distribuzione capillare del proprio marchio sul territorio», si legge in un comunicato stampa.
Ciò è stato possibile grazie agli accordi stretti con soggetti collegati alle cosche reggine e, in primis, con i rampolli emergenti delle locali organizzazioni ‘ndranghetiste. Acquisiti i profili criminali, le investigazioni si sono soffermate sulle attività condotte da tre soggetti, i quali – insieme ad altri – avevano la disponibilità di siti web illegali “.com” ovvero “.it” (formalmente e/o di fatto riconducibili ai vertici delle società che hanno gestito i marchi “************” e/o “********”) e promuovevano nel territorio di competenza l’attività tipica dei “bookmaker”, organizzando e gestendo la raccolta illegale del gioco e delle scommesse attraverso una ramificata rete commerciale che utilizzava i siti “www.******.com”, “www.*********.com”, “www.***********.com”, “www.**********.net”, “www.*************.it”, “www.*********.it”, “www.*************.com”, “www.**************.com” e “www.******.com”.
Avvalendosi dei medesimi siti “.com” l’associazione aveva inoltre sviluppato ulteriori reti commerciali in Toscana, Liguria, Lombardia e nelle province di Siracusa, Catania e Crotone, con il necessario coinvolgimento di ulteriori responsabili. E’ stata così accertata l’esistenza di un articolato sodalizio criminale che – grazie agli accordi territoriali con le organizzazioni mafiose – si è infiltrato nel tessuto economico nazionale, con specifico riferimento al comparto dei giochi e delle scommesse, compiendo una pluralità di violazioni che vanno dalla raccolta fisica delle scommesse in assenza della prevista concessione rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, all’utilizzo di siti online“.com” completamente illegali, all’uso dei Centri trasmissioni dati (Ctd) e dei Punti vendita ricariche (Pvr), come schermo giuridico fittizio dietro cui celare la raccolta illegale.
Va precisato, con riferimento alla “******” che le investigazioni hanno riguardato esclusivamente la proprietà/management che ha gestito la società fino al 2017, ovvero prima della sua cessione ai nuovi proprietari, nei cui confronti non sono emersi elementi di responsabilità. Inoltre, con il determinante contributo del Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di Finanza, che ha eseguito un’articolata attività tecnica di ispezione informatica presso la principale società italiana che ha creato e gestito la parte software delle predette aziende estere, è stato rilevato che queste ultime, nonostante avessero aderito alla c.d. “sanatoria”, hanno di fatto continuato ad effettuare la raccolta illecita del gioco e delle scommesse sul territorio nazionale, attraverso siti non autorizzati, con suffisso “.com”, quali “*********”, “********”, “**********”, “************”, “************” e “*******”.
Le indagini si sono avvalse tutte, oltre che di attività tecniche e dinamiche, del contributo di un collaboratore di giustizia che era stato, grazie alle proprie competenze tecniche specifiche, l’ideatore della struttura organizzativa utilizzata dai sodalizi mafiosi per operare nel settore e che è stato quindi in grado di fornire la chiave di lettura idonea a disvelare il sistema illecito. Un volume di scommesse, quantificato, solo per il sito web “****************.com”, in circa 20 milioni di euro per il periodo dall’ottobre del 2016 al giugno del 2017, del tutto sconosciuto all’Erario. Tale attività criminale ha assicurato ai sodalizi mafiosi catanesi un profitto complessivo di oltre 50 milioni di euro tra il 2011 e il 2017. Le agenzie di scommesse riconducibili ai sodalizi mafiosi simulavano un’attività di trasmissione dati per la raccolta “on line” di scommesse, ma in realtà operavano la tradizionale raccolta “da banco” per contanti.
La riconducibilità ai sodalizi mafiosi di tali agenzie veniva schermata attraverso un reticolo di società estere (localizzate principalmente nelle Antille Olandesi a Curaçao) amministrate da prestanome, che permetteva alle consorterie criminali di riciclare, anche attraverso il passaggio di denaro sui conti correnti accesi in Paesi non cooperativi, i guadagni illecitamente conseguiti. In particolare, si fa riferimento alla rete operante su siti con estensione “.com” denominati, tra gli altri, “********, *************”, “*************”, “***********”, “********”, “********”, mutevoli in ragione degli interventi di oscuramento da parte dell’Autorità amministrativa, non autorizzati dall’A.D.M., tutti operanti su server esteri (Malta, Austria, Inghilterra), utilizzati all’interno di sale scommesse, Internet point, C.E.D., C.T.D ed esercizi commerciali. Queste attività, in alcuni casi, erano fittiziamente intestate a soggetti compiacenti.
Via: Il Messaggero
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