CNR: studiata in laboratorio cura per alleviare sintomi encefalopatia


Cdkl5 è una malattia rara legata al cromosoma X che si traduce in una precoce compromissione neuro-evolutiva. Ora è potenzialmente possibile alleviare uno dei sintomi della grave encefalopatia ancora orfana di cura. È la conclusione dello studio coordinato da Tommaso Pizzorusso - professore associato di psicobiologia e psicologia fisiologica del Dipartimento di neuroscienze, psicologia, area del farmaco e salute del bambino dell’Università di Firenze (Neurofarba) e ricercatore dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (In-Cnr) - e pubblicato sull’ultimo numero della rivista scientifica Biological Psychiatry.

CDKL5 è sinonimo di Chinasi ciclina-dipendente Like 5, e si trova sul cromosoma X. Il cromosoma X è uno dei cromosomi sessuali; le femmine hanno due X e i maschi hanno un cromosoma Y e uno X. Il gene CDKL5 fornisce le istruzioni per fare una proteina che è essenziale per il normale sviluppo del cervello. Anche se poco si sa circa la funzione della proteina, può giocare un ruolo nel regolare l'attività di altri geni, tra cui il gene MECP2 (di Sindrome di Rett). La proteina CDKL5 agisce come una chinasi, che è un enzima che cambia l'attività di altre proteine ​​con l'aggiunta di ossigeno e atomi di fosfato (un gruppo fosfato) in posizioni specifiche. I ricercatori non hanno ancora stabilito quali proteine ​​sono prese di miare da CDKL5.  

La maggior parte dei bambini affetti da CDKL5 soffrono di crisi epilettiche che iniziano nei primi mesi di vita. Non possono camminare, parlare o nutrirsi, e molti sono confinati su sedie a rotelle. “Cdkl5 è il nome di un gene ma anche di una sindrome, simile per molti aspetti a quella di Rett - spiega Tommaso Pizzorusso - che porta con sé disabilità motoria e ritardi mentali. L’alterazione di Cdkl5, e la conseguente mancata o alterata produzione dell’omonima proteina, è causa di gravi deficit motori e cognitivi e di epilessia che si manifestano a pochi mesi dalla nascita con un’incidenza di un caso su 10 mila nuovi nati. La sindrome non ha ancora una cura ma da tempo si ipotizza che i sintomi dipendano da alterazioni microscopiche del cervello”.


Molti soffrono di scoliosi, disturbi della vista, problemi sensoriali e varie difficoltà gastrointestinali. I ricercatori hanno dimostrato per la prima volta tale ipotesi in laboratorio, utilizzando innovative metodologie di microscopia multifotonica che permettono di osservare ripetutamente per giorni gli stessi neuroni della corteccia cerebrale e sono riusciti anche a intervenire sul sintomo. “Abbiamo osservato su modello animale che quando il Cdkl5 è assente - continua Pizzorusso - le strutture su cui si formano gran parte delle connessioni sinaptiche tra neurone e neurone (le spine dendritiche) si producono normalmente ma vengono poi ritratte in modo anormale, il che determina una riduzione delle sinapsi e neuroni meno funzionali”. 

Per cercare di contrastare queste alterazioni, i ricercatori hanno somministrato ai topi IGF-1 (fattori di crescita insulino-simile), un ormone che promuove la maturazione e la stabilizzazione delle spine dendritiche. Igf di tipo 1, noto anche con il nome di “somatomedina”,  è rilasciato nel fegato e si lega ai recettori Igf all'interno delle cellule, provocando una stimolazione della crescita cellulare (causando la formazione di nuovi tessuti e la crescita dei tessuti esistenti) e l’inibizione della morte cellulare. Igf-1 è anche responsabile della produzione di tessuto connettivo, protegge i neuroni del cervello e promuove la crescita di nuovi motoneuroni. Igf-1 ha permesso un miglioramento sinaptico in grado di invertire gli effetti dell’assenza del Cdkl5. 

Il miglioramento è intervenuto anche in fase sintomatica, suggerendo che la somministrazione possa essere efficace anche quando i sintomi sono già presenti. L’ormone Igf-1 ha già superato i test di tossicità per l’uso nei bambini affetti dalla sindrome di Rett e il prossimo passo sarà capire se i miglioramenti osservati a livello sinaptico possano riflettersi a livello dei sintomi in modelli preclinici, prima di passare alla sperimentazione clinica. La ricerca è stata realizzata in collaborazione con l’European Molecular Biological Laboratories di Monterotondo, l’Università di Torino, la Scuola Normale Superiore di Pisa, nell’ambito di progetti finanziati dalla Fondazione Telethon e dalla International Foundation for Cdkl5 Research. DOI: 10.1016/j.biopsych.2015.08.028.



Fonte: CNR
Via: CDKL5

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