Il Mongibello rappresenta un laboratorio naturale scientifico sulle aree vulcaniche e la sua intensa attività è osservata sin dai tempi classici. Sessanta ricercatori provenienti da tutto il mondo si danno appuntamento sull'Etna per studiare i processi di risalita del magna di uno dei vulcani più attivi del pianeta. Nei mesi di giugno e luglio avrà luogo in Sicilia, sul Monte Etna e nella porzione di mare antistante, un esperimento scientifico coordinato dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) - sezione di Catania, denominato "Tomo-Etna", che vedrà la partecipazione di oltre 60 ricercatori provenienti da tutto il mondo: Italia, Spagna, Germania, Russia, Stati Uniti, Irlanda e Messico.
La ricerca, realizzata nell'ambito dei due progetti europei "Mediterranean supersite Volcanoes (Medsuv)" ed "Eurofleets 2" del Settimo programma quadro, è stata presentata il 28 maggio scorso a Catania, nel corso di una conferenza stampa. "L'obiettivo dell’esperimento Tomo-Etna", spiega Domenico Patanè, dirigente di ricerca dell'Ingv-sezione di Catania, "è analizzare le strutture tettoniche e subvulcaniche della crosta su cui poggia il Monte Etna, comprese le aree adiacenti sia a terra che a mare, attraverso tecniche di sismica attiva (che sfruttano le onde generate in acqua con aria compressa) e passiva (mediante la registrazione degli eventi sismici naturali)".
La nave oceanografica spagnola "Sarmiento de Gamboa" e la nave greca "Aegea" contribuiranno, insieme alle unità navali della Marina Militare Italiana, alla sperimentazione programmata. "L'Etna sorge in una regione complessa dal punto di vista geodinamico, dove la distribuzione delle principali strutture tettoniche (faglie) gioca un ruolo fondamentale nella dinamica eruttiva", continua il dirigente di ricerca dell'Ingv. "Le sue radici si collocano in una zona di convergenza, dove si hanno sia moti compressivi, dovuti alla subduzione della placca ionica al di sotto della Calabria, sia distensivi, dovuti al moto rotatorio di una porzione della placca africana in collisione con quella euroasiatica".
Ancora oggi i maggiori limiti nella comprensione della dinamica di questo vulcano risiedono in parte nella mancata conoscenza delle caratteristiche strutturali del suo basamento e della crosta intermedia e profonda. "I segnali sismici saranno acquisiti a terra tramite la rete sismica permanente dell'Ingv, integrata da una rete temporanea di 100 stazioni che verranno collocate sia sull'Etna sia nei territori circostanti, nelle provincie di Catania, Messina e Siracusa", commenta Patanè. "Sul fondo marino sarà invece disposta una rete di stazioni sismiche (OBS/H, Ocean Bottom Seismometers), per la registrazione della sismicità artificiale e naturale".
La rete di stazioni OBS coprirà una zona che si estende dall'area etnea fino all'arcipelago delle Isole Eolie allo scopo di indagare le strutture tettoniche regionali che si estendono dal Tirreno meridionale allo Ionio* e che interagiscono con il sistema vulcanico etneo. Durante le crociere verranno, inoltre, utilizzati magnetometri e gravimetri al fine di realizzare mappe di anomalia magnetica e gravimetrica. "L'insieme dei dati acquisiti durante l'esperimento permetterà di realizzare un'accurata tomografia dell'area investigata, capace di gettare nuova luce nella comprensione dei processi di risalita del magna dell'Etna", conclude Patanè. * Il Mar Ionio è il relitto di un antico grande oceano che è stato "subdotto" e parzialmente riassorbito nel mantello terrestre per decine di milioni di anni.
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