Vodafone: governi intercettano telefonate utenti, Italia al primo posto


Il colosso inglese delle telecomunicazioni Vodafone rivela come alcuni governi siano in grado di sorvegliare la sua rete, e quindi di monitorare le comunicazioni dei suoi clienti, in un vasto rapporto pubblicato oggi che è il primo nel suo genere. E' quanto si legge sul Guardian. Vodafone fa riferimento all'esistenza di un network di cavi che permette ad agenzie di sorveglianza di alcuni governi di ascoltare le conversazioni e, in certi casi, di identificarne la posizione: un sistema che sarebbe largamente utilizzato in molti paesi (l'elenco non è stato reso noto ma l'Italia non è fra questi). In alcuni dei paesi, almeno sei si legge, alla società telefonica viene richiesto di garantire l'accesso diretto.

Nella "maggior parte dei paesi, Vodafone mantiene il pieno controllo operativo sull'infrastruttura tecnica utilizzata per consentire un'intercettazione legale sulla base di una richiesta avanzata in da una agenzia o da un'autorità. Tuttavia, in un piccolo numero di paesi, la legge impone che alcune agenzie e autorità specifiche debbano avere accesso diretto alla rete di un operatore, bypassando qualsiasi forma di controllo operativo da parte dell'operatore sull'intercettazione", si legge nel report di Vodafone dedicato al tema delle leggi e della tutela della privacy in 29 paesi in cui opera. In quel piccolo numero di paesi, si legge nel documento, "Vodafone non riceverà alcuna forma di richiesta di accesso per l'intercettazione". 

"In Italia, dove la presenza della mafia richiede una alto livello di intrusioni di polizia - si legge ancora sul Guardian - Vodafone riceve 606.000 richieste di metadati" in un anno, (che possono essere la localizzazione del telefonino indicato, ora e data della chiamata, la persona con cui è avvenuta la comunicazione). Il numero di richieste è "più alto che in ogni altra nazione" dove opera il gruppo inlgese. Complessivamente, si legge ancora sul quotidiano, il numero di richieste di metadati per tutti gli operatori presenti ni Italia è potenzialmente molte volte le oltre 600mila fate a Vodafone, ma il governo italiano non pubblica dati nazionali per i metadati.

"Non è tollerabile che i Governi svolgano un'opera di sorveglianza così massiva, generalizzata ed indiscriminata come quella rivelata dal Rapporto Vodafone". Lo afferma Antonello Soro, presidente dell'Autorità Garante per la privacy. "Così come non è accettabile che i Governi accedano direttamente alle telefonate dei cittadini, al di fuori delle garanzie previste dalla legge e senza un provvedimento della magistratura. E questo vale innanzitutto per i Paesi europei dove vige un ordinamento rispettoso dei diritti fondamentali delle persone. Quello che a partire dal Datagate sta emergendo a livello globale - sottolinea Soro - è l'assoluta necessità di ripensare e riequilibrare il rapporto tra sicurezza e privacy, spostando il baricentro nella direzione della difesa del diritto al rispetto della persona e quindi della sua libertà e della sua dignità".


"Va riaffermata l'idea che il rispetto dei diritti fondamentali debba ancora essere una delle principali discriminanti tra i regimi democratici e quelli illiberali. Non si può in alcun modo giustificare - conclude il Garante Privacy - la pretesa di proteggere la democrazia attraverso la compressione delle libertà dei cittadini perché in questo modo si rischia di calpestare l'essenza stessa del bene che si vuole difendere". Nel rapporto non è specificato quali Paesi si possono collegare, con accesso diretto, e senza richiesta formale alle reti Vodafone e anzi, sarebbe illegale rivelare le attività dei governi in questo campo. Ma per il Guardian, questi Paesi sarebbero Albania, Egitto, Ungheria, India, Malta, Qatar, Romania, Sudafrica e Turchia.

Ogni anno in Italia si eseguono circa 181 milioni di intercettazioni e il fenomeno, se si osserva il numero dei bersagli/utenze intercettati ogni anno, è cresciuto dal 2006 del 22,6%. È quanto emerge da uno studio dell'Eurispes elaborato su dati Ministero della Giustizia-Direzione Generale di Statistica, dove si osserva anche che tra il 2008 e il 2010 la spesa per le intercettazioni è cresciuta del 6,8%, passando da 266.165.056 a 284.449.782 di euro. Tra i distretti più intercettati al primo posto troviamo Napoli con 21.427 bersagli intercettati, seguito, con un notevole divario, da Milano (15.467), Roma (11.396), Reggio Calabria (9.358), e, al quinto posto, Palermo (8.979).

Seguono Firenze, Torino, Bologna. Se si osservano le variazioni percentuali intercorse nel triennio 2008-2010, a fronte di un complessivo aumento del numero dei bersagli intercettati, i distretti nei quali si registrano gli incrementi più significativi sono Napoli, Firenze, Bari, Venezia, Genova, Reggio Calabria.A Napoli, in particolare, tra il 2008 e il 2010 i bersagli intercettati sono aumentati del 21,7%. Al contrario, si segnalano per una diminuzione dei bersagli di intercettazione i distretti di Milano (-20,6%, pari a 4mila bersagli in meno), Trento, Trieste, Palermo, Bologna, Perugia, Torino, Ancona, Messina, e, sia pure con lievi flessioni, Catania, L'Aquila, Potenza, Cagliari e Catanzaro.

La lettura dei dati evidenzia come le intercettazioni non si concentrino più solamente nelle province del Mezzogiorno, tradizionalmente associate alla presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso, ma vengano disposte in misura massiccia anche in molti grandi centri dell’Italia settentrionale (come si vede in questi giorni con l'inchiesta sul Mose). Dopo le rivelazioni di Edward Snowden sui controlli della Nsa, molti Paesi hanno deciso una stretta sulla possibilità di acquisizione delle informazioni e di intercettazione da parte di agenzie governative. I programmi di sorveglianza statunitensi e britannici comprendevano l'accesso da parte di agenzie governative a comunicazioni telefoniche ed elettroniche.


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