CNR: sistema di fratture sotto lo Ionio allontana Sicilia dalla Calabria


Una scoperta importante che contribuisce a spiegare il lento ma progressivo allontanamento della Sicilia dalla Calabria e l’alto rischio di terremoti nella zona. Individuato sotto il fondale del Mar Ionio un sistema di faglie che ha controllato l’evoluzione dell’antico oceano della Tetide e che è ancora in grado di innescare processi vulcanici e sismici. A svelarlo, uno studio coordinato dall’Istituto di scienze marine del Cnr di Bologna, in collaborazione con Università di Parma, Ingv e Geomar (Germania), pubblicato su Nature Communications. Un sistema di spaccature profonde sta separando la Sicilia dal resto dell’Italia nella regione compresa tra lo stretto di Messina e l’Etna.

Lungo queste strutture geologiche - si legge in un comunicato del Cnr – risale materiale del mantello che formava il basamento dell’oceano mesozoico, chiamato Tetide, da una profondità di circa 15-20 chilometri. Si tratta di una vera e propria finestra sotto il fondale del Mar Ionio, che consente di osservare da vicino blocchi dell’antico oceano, svelando i processi che hanno portato alla sua formazione. Lo studio ‘ Lower plate serpentinite diapirism in the Calabrian Arc subduction complex’, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr) di Bologna, dell’Università di Parma, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e del Geomar (Kiel, Germania), è stato pubblicato su Nature Communications

“Le faglie lungo le quali risale il mantello della Tetide”, spiega Alina Polonia, ricercatrice Ismar-Cnr e coordinatrice della ricerca, “controllano anche la formazione del Monte Etna, dimostrando che si tratta di strutture in grado di innescare processi vulcanici e causare terremoti. Queste faglie, infatti, sono profonde e lunghe decine di chilometri, e separano blocchi di crosta terrestre in movimento reciproco”. Attraverso uno studio multi-disciplinare, che integra immagini acustiche del sottosuolo, dati geofisici e campioni di sedimento, acquisiti nel corso di spedizioni scientifiche con la nave oceanografica del Cnr Urania, è stato possibile identificare le faglie, ricostruire la loro geometria e scoprire anomalie geochimiche nei sedimenti legate alla presenza di fluidi profondi.

Cartina del CNR mostra una faglia che spiega il distacco tra Calabria e Sicilia

L’analisi di tutti i dati raccolti ha permesso di proporre un modello geologico che conferma l’origine profonda del materiale in risalita lungo le faglie. “Grazie a questa scoperta”, prosegue Alina Polonia, “l’Arco Calabro, il sistema di subduzione tra Africa ed Europa nel Mar Ionio, ha un importante primato: è l’unica regione al mondo in cui sia stato descritto materiale del mantello in risalita dalla placca in subduzione. Questa scoperta avrà importanti implicazioni per capire meglio come si formano le catene montuose e come questi processi siano legati ai forti terremoti storici registrati in Sicilia e Calabria”. I continenti sono convergenti e per molti milioni di anni, il margine settentrionale della placca tettonica africana è sceso lentamente sotto quella euroasiatica.

L’Etna è associato alla subduzione della piastra africana sotto la placca eurasiatica, che ha prodotto anche Vesuvio e Campi Flegrei, ma è parte di un diverso arco vulcanico (calabro anziché campano). Diverse teorie sono state proposte per spiegare la posizione dell’Etna e la sua storia eruttiva, compresi i processi di rifting e l’intersezione di break strutturali nella crosta. L’Etna è costituito da due edifici: un antico vulcano a scudo alla sua base, e lo stratovulcano più giovane, costruito sulla parte superiore dello scudo. Le eruzioni basaltiche sono iniziate circa 500.000 anni fa, mentre la formazione dello strato è iniziata circa 35.000 anni fa. Le pendici dell’Etna ospitano diverse grandi caldere che si formano quando i tetti delle camere magmatiche crollano verso l'interno.

I dati magnetici a bordo di Nave Urania sono stati acquisiti durante la crociera CALAMARE08 utilizzando un magnetometro SeaSpy Marine Magnetics, trainato 180 metri a poppa della nave. I dati magnetici grezzi sono stati raccolti alla frequenza di campionamento di 1 Hz, risultando una distanza media tra ogni singola misura di circa 4 metri. Il posizionamento del sensore magnetico è stato ottenuto da un differenziale Fugro Global Positioning System (GPS) montato a bordo della R/V Urania dopo aver eseguito la correzione di “layback”. Despiking e filtro passa-basso sono stati applicati ai dati grezzi per attenuare il rumore ad alta frequenza. Le anomalie magnetiche sono state ottenute rimuovendo l’International Geomagnetic Reference Field (IGRF). Le anomalie magnetiche finali sono stati reticolate usando un metodo di curvatura con celle di 500 metri di dimensione.





Fonte: CNR

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