Martin Hilbert, della University of Southern California a Los Angeles e Priscila Lopez, dell’Università cilena di Santiago, hanno costruito il primo identikit dell'era digitale basandosi sull’analisi dei dati trasmessi e archiviati fra il 1986 e il 2007, individuando nel 2002 l'anno che può considerarsi come l’inizio reale dell’era digitale, cioè il momento in cui i dati immagazzinati in formato digitale hanno superato quelli nel formato analogico.
Nel 2007, anno al quale si riferiscono i dati più aggiornati dell’indagine, alla quale la rivista Science ha dedicato uno speciale, l’umanità è riuscita ad archiviare 295 miliardi di miliardi di megabyte, a scambiarne 2 milioni di miliardi di miliardi e ad eseguire 6,4 miliardi di miliardi di Mips. Nello stesso anno le informazioni scambiate nel mondo per mezzo dei telefonini sono state pari a 65 exabyte: come se ogni persona avesse scambiato ogni giorno il contenuto di sei quotidiani.
La capacità di trasmettere e ricevere informazioni, che ha avuto un enorme impulso con l’arrivo di Internet, è aumentata al ritmo del 28% l’anno, mentre le trasmissioni unidirezionali, per esempio attraverso radio e tv, hanno continuato a crescere al tasso molto più modesto del 6% annuale.
Soltanto nel 2000 il 75% delle informazioni erano ancora immagazzinate in modo analogico, soprattutto su videocassette; in appena 7 anni ben il 94% delle informazioni sono conservate in un formato digitale. Nello stesso periodo la capacità di archiviare dati su personal computer e telefonini è raddoppiata ogni 10 mesi. Considerando, inoltre, sia le memorie digitali sia quelle analogiche, nel mondo c’è la capacità di immagazzinate 295 exabyte di informazioni.
Via: La Stampa
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