Medicina, tumore al seno: chemioterapia più lontana con Everolimus


Col farmaco disponibile in Italia, mirato per il carcinoma mammario positivo al recettore per gli estrogeni e HER2 negativo, le pazienti possono essere trattate con una terapia orale posticipando l’approccio chemioterapico a una fase più avanzata della malattia. Ogni anno in Italia si ammalano di tumore al seno circa 45.000 donne: di queste 35.000 guariscono, ma 10-12.000 svilupperanno nel tempo un tumore metastatico. Un vero e proprio “cambio di paradigma” nella terapia del tumore al seno: anche in Italia è adesso disponibile everolimus, primo farmaco mirato per il carcinoma mammario in fase avanzata, positivo al recettore per gli estrogeni e HER2 negativo.

Everolimus, terapia orale già approvata per altre indicazioni in ambito oncologico, potrà essere utilizzato in combinazione con exemestane per il trattamento delle pazienti con tumore al seno avanzato ER+/HER2, che abbiano avuto recidiva o progressione di malattia durante o dopo un precedente trattamento con letrozolo o anastrozolo (inibitori dell’aromatasi). Negli studi clinici, everolimus si è dimostrato in grado di raddoppiare la sopravvivenza libera da progressione, con un buon profilo di tollerabilità e una qualità di vita preservata, aprendo nuove prospettive per migliaia di donne spesso giovani e professionalmente attive che combattono contro un tumore al seno in fase avanzata. 

Allo sviluppo di everolimus hanno contribuito in maniera determinante i Centri di eccellenza italiani, alcuni dei quali vengono oggi premiati a Napoli con il “The Luminal Breast Practice Award” riconoscimento promosso da Novartis e destinato ai giovani ricercatori e oncologi clinici impegnati sul fronte del tumore al seno. «In Italia si stima siano 120.000-150.000 le donne che lottano contro il tumore del seno in fase avanzata. Delle 45.000 donne che ogni anno si ammalano di tumore al seno, 10-12.000 sviluppano nel tempo una forma avanzata», sostiene Michelino De Laurentiis, Direttore U.O.C. di Oncologia Medica Senologica all’Istituto Nazionale Tumori “Fondazione G.Pascale” di Napoli.

«Le prospettive per queste pazienti sono migliorate grazie alla conoscenza dei meccanismi molecolari alla base delle diverse forme di tumore della mammella, all’identificazione dei diversi sottotipi e all’avvento delle terapie mirate che agiscono contro specifici bersagli molecolari». L’avvento di everolimus per il trattamento del carcinoma mammario in fase avanzata permette di andare oltre il tradizionale binomio chemioterapia-ormonoterapia. Everolimus è una terapia a bersaglio molecolare, che ha come target la proteina mTOR. «Everolimus blocca mTOR e in questo modo ottiene due risultati: da un lato rallenta la crescita e la diffusione del tumore, dall’altro indebolisce la resistenza del tumore alla terapia ormonale, in quanto l’iperattivazione di mTOR determina una riduzione nella risposta agli ormoni», afferma Sabino De Placido, Direttore Struttura Complessa di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, Napoli.

«In termini clinici questo si traduce nella possibilità di trattare in maniera efficace le pazienti con un trattamento orale e ben tollerato, posticipando l’approccio chemioterapico a una fase più avanzata della malattia». I benefici clinici di everolimus sono stati dimostrati dallo studio registrativo BOLERO-2, condotto in 189 Centri di 24 Paesi, nel quale l’associazione di everolimus con exemestane è stata confrontata con il trattamento a base di solo exemestane. «Lo studio dimostra in maniera inequivocabile che l’aggiunta di everolimus a exemestane rallenta la malattia, con un significativo aumento della sopravvivenza libera da progressione, di fatto raddoppiata», afferma Paolo Pronzato, Direttore U.O.C. di Oncologia Medica A, IRCCS A.O.U. San Martino – IST – Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova. 

«Le pazienti che hanno assunto la combinazione di everolimus e exemestane hanno avuto un “beneficio clinico”, ossia una regressione del tumore o, quanto meno, una stazionarietà di lunga durata. Inoltre, nello studio la qualità di vita di queste pazienti è stata specificamente analizzata e si è potuto constatare che essa si mantiene migliore per un periodo più lungo con l’associazione del nuovo farmaco». Il contributo dato dai Centri italiani nello sviluppo clinico di questa nuova indicazione di everolimus testimonia l’eccellenza della ricerca del nostro paese, sottolineata anche dal premio “The Luminal Breast Practice Award”, promosso e sostenuto da Novartis e destinato ai giovani ricercatori impegnati sul fronte del tumore al seno. 

«Obiettivo di questa iniziativa è quello di accendere i riflettori sulle nuove generazioni di ricercatori e oncologi che hanno contribuito alle tante novità che segnano i progressi dell’oncologia per il tumore della mammella», afferma Filippo de Braud, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Anche nel caso di everolimus, attraverso i Centri italiani sono stati eseguiti ulteriori studi clinici che hanno valutato e confermato i risultati dello studio registrativo BOLERO-2. Se c’è un merito riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale alla ricerca italiana è il rigore e il rispetto delle regole con cui si conducono i trial clinici, garanzia indispensabile per i pazienti».



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