Dopo Facebook e Wikipedia, il Pakistan oscura anche YouTube


Dopo la censura imposta nei giorni scorsi a Wikipedia, sono Facebook e YouTube ad essere stati bloccati dal governo pakistano. Anche Flickr e circa 450 spazi online sono stati bloccati a data indefinita. Ieri un tribunale di Lahore aveva ordinato la chiusura del social network in blu che aveva lanciato un concorso per vignette su Maometto; oggi l'Authority per le telecomunicazioni ha ordinato la sospensione dell'accesso a YouTube per contenere la diffusione di materiale «blasfemo».

Già nel 2007 il Pakistan aveva bloccato l'accesso a YouTube per fermare la diffusione di video ritenuti contrari all'Islam. L'Authority ha prima tentato di bloccare circa 450 indirizzi, ma poiché i video si diffondevano troppo rapidamente, ha disposto la chiusura totale. Sulla vicenda si è pronunciato anche il ministero degli Esteri pachistano che ha «condannato con forza» la pubblicazione di vignette su Facebook che «feriscono i sentimenti dei musulmani ovunque nel mondo», ha detto il portavoce Abdul Basit. 

«Cose di questo tipo non aiutano a promuovere l'armonia interconfessionale nel mondo: ci siano opposti in passato e continueremo a opporci». Recentemente Google ha reso noto che la censura online non si limita a Cina, Birmania, Iran e Cuba. Ma è un “affare” che coinvolge ben 25 paesi nel mondo. 

Inoltre la scure della censura non viene calata soltanto sulla ricerca online (per bloccare ricerche di informazioni e news sui motori di ricerche), ma colpisce anche: Google Docs, la piattaforma della blogosfera Blogger e il sito di video condivisione YouTube. Questi servizi dell’ecosistema Google vengono censurati e bloccati in un quarto dei 100 paesi in cui Google opera. L’Italia è al decimo posto in questa poco invidiabile classifica dei paesi censori.



Via: L'Espresso

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