Dopo l'avvento del ballot screen imposto dalla comunità europea e il rimescolamento di utenti sul mercato dei browser, e per difendere la popolarità di Internet Explorer, a Redmond partono all'attacco dei produttori che più impensieriscono il gigante del software. A cominciare da Google con il suo Chrome, browser che secondo Microsoft sarebbe un vero e proprio buco nero riguardo a riservatezza di dati.
Oggetto del problema sarebbe la barra degli indirizzi di Chrome, che sfrutta il meccanismo di autocompletamento di Google Suggest, generando un consistente scambio di informazioni tra il computer e i server di BigG, fornendo informazioni anche su ricerche e indirizzi che non sono stati neppure confermati con la pressione del tasto invio: persino gli errori di digitazione potrebbero diventare un dato statistico. L'autocompletamento della barra degli indirizzi di Chrome, da più parti criticato per le sue ricadute negative sulla privacy della navigazione in rete al netto delle rassicurazioni di ordinanza somministrate da Google, è per il manager Microsoft un rischio inaccettabile. Un problema, quest'ultimo, che non sarebbe neppure ristretto unicamente a Chrome. Anche Firefox nella versione 3.0 utilizza lo stesso meccanismo di autocompletamento nella casella delle ricerche (ma non nella barra degli indirizzi, in questo caso), e pertanto lo stesso tipo di informazioni viene scambiato ed eventualmente conservato a fini di studio nei database di Mountain View.
Google, da parte sua, ha fatto sapere di non avere intenzione di conservare più del 2% dei dati scambiati tra il suo browser e i suoi server. Inoltre, il browser di Mountain View, può essere configurato per restituire i risultati delle ricerche in real-time provenienti anche da altri provider, quindi Bing e Yahoo! (e quindi Bing) inclusi.
Fonte: Punto Informatico
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