La pagina di Facebook intitolata «A’ scission ro rion» (la scissione del rione) che esaltava il clan Amato-Pagano di Scampia, anche detto degli «Scissionisti», è stata disattivata ma è ancora possibile visualizzarne la bacheca andando sulla copia cache di google. Col termine "inquietante" il primo dirigente Domenico Foglia, capo della polizia postale campana, aveva descritto il fatto che 4.500 persone erano fan della pagina, che raccoglieva ogni giorno circa 100 ulteriori fan.
La Polizia postale ha dato incarico a tre esperti informatici di seguire dettagliatamente la vicenda raccontata dal Corriere del Mezzogiorno: «Tutto ciò che rileveremo su questo gruppo - aveva detto il dirigente - diventerà un’informativa cartacea da inoltrare all’autorità giudiziaria. Alla Procura, chiederemo un decreto per attuare indagini informatiche che stabiliscano con certezza l’identità dei soggetti che interloquiscono sul sito internet. Informeremo la squadra Mobile sui nostri riscontri, passandogli quindi la competenza per le indagini, che spettano agli organi investigativi deputati alla lotta alla criminalità».
Come aveva osservato il capo della polizia postale, «i 4.500 iscritti non erano certamente tutti camorristi. E’ chiaro, però, che in mezzo a quella gente che vive ai margini di una illegalità diffusa, c'erano anche diversi malavitosi militanti. Per questo la situazione va attenzionata da un punto di vista investigativo». Il tenore dei post pubblicati in bacheca, peraltro, era esplicito. Si andava dall’invito a commettere omicidi servendosi di grosse motociclette, all’insulto e alle minacce ai collaboratori di giustizia, passando per le dichiarazioni di fratellanza fra varie famiglie il cui cognome è ben noto alle cronache, e per l’apologia della Beretta 92Fs e del Kalashnikov.
Consultando i profili di molti dei fan della pagina, era possibile ricostruire gli assetti criminali di molte aree popolari, come il Rione Provolera di Torre Annunziata, roccaforte dei clan controllato dalle famiglie Chierchia-Fransuà. Fra gli users, non mancavano i nomi di detenuti illustri. Sono quelli che sui social network si chiamano «fake», gli utenti che falsificano in modo significativo la propria identità. Ricordiamo che nonostante la disattivazione della pagina pro-scissionisti o nel caso in cui qualche utente avesse scelto di cancellare il proprio nome dalla pagina prima della sua definitiva cancellazione, nei server di Facebook rimane comunque traccia della sua partecipazione.
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