Facebook ha deciso di proibire ai suoi dipendenti di vendere azioni della società nei mercati secondari. Mentre tra gli addetti ai lavori cresce l'attesa per lo sbarco dell'azienda a Wall Street, su siti come Sharespost e Secondmarket i titoli Facebook stanno andando a ruba.
Nel Giugno scorso la società russa Digital Sky Technologies ha offerto ai dipendenti di Facebook 14,77 dollari ad azione per i titoli della compagnia in loro possesso, un'offerta che ha portato il valore del gruppo a 6,5 miliardi di dollari. Su Sharespost sono già state caricate 45 milioni di proposte di acquisto a un prezzo di 47 dollari. L'ultimo contratto è stato chiuso a 27 dollari per azione. A questo prezzo la capitalizzazione dell'azienda si aggirerebbe intorno ai 12 miliardi di dollari. Quasi il doppio di quanto stimato dalla casa dagli investitori russi Digital Sky Tecnologies.
Per la compravendita di azioni di "private company", la legge stabilisce che compratore e venditore abbiano le stesse informazioni sulle performance finanziarie della società. Una condizione molto difficile da rispettare se una delle controparti lavora dentro l'azienda. Il rischio di commettere insider trading è evidente. Così come quello che informazioni riservate escano all'esterno, creando un danno alla società. C'è poi da considerare che, se una private company arriva ad avere più di 500 azionisti, è obbligata a fornire al mercato le stesse informazioni di una società quotata. Per evitare di assumersi gli oneri della Borsa, Facebook (il cui numero di azionisti è appena inferiore a 500) ha interrotto, dalla fine del 2007, il piano di stock granting destinato ai dipendenti.
Fonte: Il Sole 24 Ore
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