Wikileaks, Assange mette online tutti i cablo della diplomazia Usa


L'intero archivio di cablogrammi riservati della diplomazia Usa è stato messo online dal fondatore di Wikileaks. Julian Assange ha pubblicato su Twitter il link dal quale e' possibile scaricare 251.287 documenti diplomatici, integrali e prive di alcuna password di protezione. Ieri l'annuncio, oggi la pubblicazione e dalla mezzanotte chiunque ha potuto accedere ai cablo riservati. Nei giorni scorsi erano stati messi online 134mila cablogrammi, scelta che aveva fatto infuriare l'Australia che ora minaccia di portare Assange in tribunale per aver rivelato il nome di un agente dell'intelligence.

Già giovedì, il Dipartimento di Stato Usa aveva criticato le azioni "irresponsabili, sconsiderate e pericolose" del sito. Anche l'organizzazione umanitaria, Amnesty International, ha criticato il fondatore di Wikileaks. A favore della pubblicazione dell'intero archivio si era schierato invece il popolo di internet: il sito di Assange, infatti, aveva lanciato un sondaggio su Twitter chiedendo agli utenti di pronunciarsi in merito alla possibile diffusione di tutto il materiale riservato della diplomazia Usa in suo possesso. 

Wikileaks, da parte sua, aveva spiegato su Twitter di aver scelto la pubblicazione integrale dopo che un file contenente l'intero database era stato reso accessibile da un giornalista del Guardian che aveva inserito la password in un libro pubblicato nel febbraio scorso. Accuse respinte dal quotidiano britannico secondo il quale si trattava solo di una password temporanea e comunque non c'erano dettagli sulla localizzazione dei file". 

I nuovi cablo contengono informazioni sull'Italia a cui se ne riferiscono 2970 file che vanno dal 1988 al 2010, provenienti dalle sedi diplomatiche statunitensi in Italia. Vengono espresse critiche alla "tempistica" delle azioni giudiziarie in Italia che "spesso appare politica", compresa "la sentenza di una corte civile contro la Finivest di Berlusconi", si legge in un cablogramma dell'8 ottobre 2009.

Fonti: AGI | La Stampa

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