Cinema: tassa sui diritti Siae a siti e blog, molti rimuovono i trailer


Scoppia la protesta, anche su Facebook, riguardo la decisione impopolare della Siae di far pagare l'inserimento dei trailer sui siti per i diritti della musica all'interno degli stessi. Ogni sito commerciale per inserire trailer, promozionali forniti dagli uffici stampa, produzioni, etc. dei film dovra' pagare per i diritti della musica al suo interno. La Società italiana autori ed editori chiede loro 1 di pagare una licenza a partire da 450 euro al trimestre, che dà diritto a pubblicare in streaming fino a 30 trailer. Con costi che aumentano anche se il trailer dura più di dieci minuti (in questo caso infatti non rientra più nella licenza di streaming).

Siae esclude dall'obolo solo i siti non commerciali, cioè quelli che non hanno nemmeno un po' di pubblicità. Siae non fa differenza tra chi pubblica il trailer e chi si limita semplicemente a embeddare o linkare un video tratto da YouTube. La Siae spiega: "La polemica oggi presente su newsletter e blog riguardo ai diritti sulla musica contenuta nei trailer, accende il faro su una regola da sempre contenuta nella legge italiana e nei trattati internazionali, per cui se una musica viene utilizzata l’autore di quella musica ha diritto ad un compenso. La SIAE è solo lo strumento attraverso il quale questa regola viene fatta rispettare".

Ciò è frutto di una convenzione siglata, lo scorso 17 gennaio, tra la Siae, l'Agis e le associazioni cinematografiche aderenti (Anec, Anem, Acec e Fice). Per evitare il balzello, molti siti hanno rimosso i trailer, ma secondo la Siae il costo è dovuto lo stesso per la passata pubblicazione. "E' un balzello - ha replicato Il Corriere della fantascienza - del tutto antieconomico anche per grandi siti che potrebbero permettersi di pagare la licenza. Quando mai solo 30 trailer possono produrre tanto traffico da generare introiti tali da ripagare 1.800 euro all'anno?". Ma YouTube smentisce la SIAE affermando che per i filmati "embeddati" pagano già loro tutti i diritti.

Via: La Repubblica

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