Gli attacchi informatici sono in grado di causare la “tempesta perfetta”, una catastrofe digitale dalle dimensioni planetarie, ma solo in combinazione con un altro disastro, non solo informatico ma anche naturale. E’ questa la conclusione di uno studio sull’analisi dei rischi e dell’impatto dei cyber-attacchi pubblicato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse).
Nel rapporto, che fa parte di un più ampio progetto di studio dell’Ocse che analizza i possibili “shock globali” del futuro, si legge che gli eventi cibernetici che potrebbero causare uno shock a livello planetario potrebbero essere un attacco a uno dei protocolli tecnici dai quali dipende Internet, oppure un eccezionale brillamento solare che metta fuori gioco i satelliti.
“In casi come questi - spiegano gli autori dello studio, il professor Peter Sommer della London School of Economics e il dottor Ian Brown dell’Università di Oxford - le condizioni per la ‘tempesta perfetta’ potrebbero esistere”. Gli attacchi informatici militari, secondo le previsioni degli esperti, saranno “molto diffusi nelle guerre future”, mentre sempre di più le armi cibernetiche affiancheranno quelle tradizionali e saranno sviluppate da attivisti ideologici di ogni credo.
I governi, d'altro canto, stanno sempre più dando importanza alla sicurezza informatica. Gli Stati Uniti si stanno preparando per un conflitto di natura informatica e hanno già approntato il proprio esercito telematico, mentre la Gran Bretagna, lo scorso ottobre, ha classificato i cyber attacchi come una delle minacce esterne principali, preparando un budget extra di un miliardo di dollari per la sicurezza.
Nel frattempo, nazioni emergenti in quest'area come Cina e Russia guardano a questo campo come uno dei possibili settori grazie ai quali contrastare il dominio militare statunitense nel campo militare convenzionale. Il virus Stuxnet - che colpisce i sistemi industriali e che ha minacciato il programma nucleare iraniano - è proprio visto come emblema di una crescente militarizzazione del cyberspazio. Il virus, secondo quanto riportato sabato dal New York Times, è stato frutto del lavoro congiunto di Stati Uniti e Israele ed è stato testato nell'impianto nucleare israeliano di Dimona.
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