A seguito della recente giurisprudenza tributaria, che ha definito impropria l’applicazione della tassa di concessione governativa, l’Adoc lancia la campagna contro la suddetta tassa, illegittimamente prevista per gli abbonamenti privati e business dei telefoni cellulari. Pertanto l’Adoc mette a disposizione dei consumatori una lettera di diffida per richiedere il rimborso di quanto pagato negli ultimi tre anni, calcolando per i contratti privati 5,16 euro al mese moltiplicato per 36 mesi (per un massimo di 185,76 euro), per i contratti business 12,91 euro al mese per lo stesso periodo (per un massimo di 464,76 euro).
La diffida va inviata alla propria compagnia telefonica presso la sede legale a mezzo raccomandata A/R, e per conoscenza all’Adoc anche via fax o posta elettronica. Ricordiamo che è necessario allegare copia delle fatture e delle ricevute di pagamento. Le lettere di diffida sono disponibili online sul sito dell’Adoc o a questo link in formato .pdf e presso le sedi territoriali, dove è possibile rivolgersi per qualsiasi chiarimento in merito. La tassa di concessione governativa è un’anomalia del mercato telefonico italiano. Le associazioni consumatori la chiamano, senza mezzi termini, “assurdità anacronistica”, visto che è stata concepita dallo Stato come tassa di lusso. Già, risale al periodo in cui avere un cellulare era un lusso.
Ora ovviamente non lo è più ma per lo Stato non è facile rinunciare a questa tassa, il cui importo entra interamente nelle sue tasche. Niente va agli operatori, che così non sono tenuti a dare informazioni dettagliate (qui alcuni dettagli tecnici sulla tassa). Si applica solo gli abbonamenti e quindi l’utente non deve pagarla se ha una prepagata (neanche se ha opzioni di ricarica obbligatoria). Da un paio di anni, però, alcuni operatori hanno cominciato a rimborsare la tassa, per sostenere il mercato degli abbonamenti. In Italia, infatti, quest’ultimo è molto ridotto (circa il 15 per cento delle utenze), proprio a causa della tassa.
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