Salta dalla legge comunitaria la norma, battezzata "bavaglio al web", secondo la quale un qualunque soggetto interessato avrebbe potuto chiedere al provider la rimozione su internet di informazioni da lui considerate illecite o la disabilitazione dell'accesso. La norma, che era stata introdotta in commissione alla Camera su iniziativa della Lega, è stata bocciata dall'Aula con l'approvazione di sei identici emendamenti soppressivi. Gli emendamenti, presentati da Pdl, Idv, Fli, Api, Pd e Udc, hanno cancellato l'intero articolo 18 del testo, e sono passati con 365 voti a favore, 57 contrari e 14 astensioni.
''Oggi è una grande vittoria per tutti noi. Siamo riusciti a bloccare l'ennesimo tentativo di mettere il bavaglio alla Rete, uno degli ultimi spazi di libera informazione. E' stata una battaglia per la democrazia che noi dell'Italia dei Valori abbiamo portato avanti e continueremo a sostenere fermamente", ha dichiarato l'onorevole Di Pietro. La proposta era stata chiamata "Fava" dal cognome dell’onorevole proponente (onorevole Gianni Fava, Lega Nord) ed aveva immediatamente sollevato forti polemiche.
Circa 400 tra blogger, giornalisti, imprenditori e associazioni avevano inviato una email ai deputati per chiedere di cassare l'emendamento Fava. "Se è importante la difesa del diritto d'autore questa non può avvenire a scapito dei diritti degli utenti e degli hosting provider (siti come Wikipedia, Google, Facebook) che saranno costretti ad una rimozione 'selvaggia' di contenuti", dicevano i firmatari. L'emendamento in questione era stato approvato a larga maggioranza nei giorni scorsi dalla commissione Attività produttive di Montecitorio, ma successivamente diversi partiti ne avevano preso le distanze.
Il testo, che richiamava una direttiva Ue del 2000 sul commercio elettronico, andava a modificare il decreto legislativo 70 del 2003, disponendo tra l'altro la rimozione dei contenuti online non più su ordine delle autorità competenti, ma su richiesta "di qualunque soggetto interessato".
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