Amazon nega di avere cacciato Wikileaks dai propri server per pressioni politiche. Lo fa in un post pubblicato sul blog ufficiale, per rispondere alle accuse, più o meno esplicite, mosse ieri dai responsabili del sito di Assange, ma anche alle dichiarazioni del senatore Joe Lieberman. Secondo il rappresentante del senato, Amazon avrebbe deciso di interrompere il servizio di hosting dopo essere stata contattata dalla Homeland Security degli Stati Uniti e dal Governmental Affairs Committee, presieduto dallo stesso Lieberman.
Diversa la versione del sito di e-commerce: “Si è detto che un'indagine governativa ci avrebbe spinto a non ospitare più WikiLeaks - si legge nel comunicato - Questo è inesatto”. E neppure i massicci attacchi DdoS sarebbero all'origine della scelta di Amazon: “Infatti - si legge nel blog - ci sono stati attacchi pesanti, ma ce ne siamo difesi con successo”.
Wikileaks si era rivolto al servizio di hosting di Amazon all'inizio della settimana, per sfuggire ai pesanti attacchi informatici da cui era stato colpito il sito dopo la pubblicazione dei documenti diplomatici riservati. Il 30 novembre, l'indirizzo di Wikileaks sarebbe stato “bombardato” con dieci gigabyte di dati al secondo, una dose difficilmente sostenibile da qualunque sito.
Il messaggio di autodifesa di Amazon non convincerà, comunque, i sostenitori dell'opera di divulgazione di Wikileaks, che continueranno a sospettare manovre politiche e complotti. Sulla testa di Assange pende ancora un mandato di comparizione dell'Interpol, per rispondere alle accuse di stupro mosse contro di lui da alcune collaboratrici, questa estate. Mark Stephens l'avvocato londinese di Assange ha detto ieri che il reato di solito si estingue con una multa di 715 dollari.
Via: La Stampa
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