Sconti al Vaticano su Ici e acqua, scoppia la polemica su Facebook


In queste ore sulle bacheche di molti utenti e gruppi Facebook leggiamo: "Il Vaticano non paga Ici, Irpef, Ires, Imu, tasse immobiliari e doganali, ma neanche gas, acqua e fogne. E' tutto a carico dei contribuenti italiani. Possiede quasi il 30% del patrimonio immobiliare italiano e con l'8 per mille toglie quasi 1 miliardo di euro all'anno all'Italia. Tassare la chiesa e i suoi possedimenti in Italia é giusto per gli italiani. Se condividi copia e incolla sulla tua bacheca". 

In realtà, dal 2005 in italia si assicura alla Chiesa l’esenzione totale dal pagamento dell’Ici e dal 50% dell'Ires. Le esenzioni all'Ici (tutte) nascono con la legge istitutiva dell'imposta. Il decreto legislativo n. 504/1992, infatti, prevede una serie di esenzioni: si tratta degli immobili appartenenti allo Stato e agli altri enti pubblici, dei fabbricati appartenenti a Stati esteri, dei fabbricati destinati all'esercizio del culto, dei fabbricati appartenenti ad enti non commerciali e destinati a particolari finalità ritenute meritevoli di tutela da parte del legislatore. 

La legge sull'Ici prevede l'esenzione per gli immobili degli enti non commerciali «destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali ricreative e sportive». Nonché delle attività di religione e di culto, vale a dire «quelle dirette all'esercizio e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana». Gli enti ecclesiastici, dunque, possono rientrare in questa fattispecie in due casi. 

La Commissione Europea ha avviato nel settembre 2010 un'indagine su queste agevolazioni, che potrebbero configurarsi come aiuti di Stato. L'UE deve decidere entro 18 mesi se condannare l'Italia con multa ed, eventualmente, porre fine ai privilegi, disponendo il rimborso all'erario delle tasse non pagate. A quanto pare, anche l’acqua verrebbe servizievolmente agevolata dallo Stato italiano

Nel 1999, infatti, sarebbero stati versati a favore di Città del Vaticano circa 22 milioni di euro di arretrato all’Acea, società che si occupa, tra gli altri, della gestione di servizi idrici (acquedotto, fognatura e depurazione) a cui si sarebbero aggiunti circa 17 milioni di euro per il periodo che va dal 1998 al 2003, ovvero circa 3,4 milioni all’anno, solo per la fornitura dell’acqua. Inoltre per le acque di scarico, Città del Vaticano non pagherebbe le bollette all’Acea perché sembra non riconoscere la tassazione imposta da enti appartenenti a Stati terzi. Questa la motivazione addotta dalla Santa Sede.


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