Bradley Manning, il soldato ventitreenne accusato di aver “passato” a Wikileaks migliaia di documenti riservati, è detenuto da quasi un anno in condizioni poco consone a un paese democratico nel carcere di massima sicurezza di Quantico, in Virginia. Un portavoce dell’esercito Usa ha fornito a Wired.com qualche informazione in più sulla natura delle imputazioni contestate, precisando in particolare, che il giovane avrebbe fatto uso di un programma di data-mining, da lui installato per connettersi e frugare nel database di SiprNet, il network segreto interno del Pentagono, da cui sono stati trafugati i cable.
La portavoce, Shaunteh Kelly, non ha voluto fornire maggiori dettagli sul software utilizzato, asserendo che “l’identificazione, in questo momento del programma specifico usato potrebbe compromettere le indagini in corso”. Il fatto di aver installato uno specifico software potrebbe aggravare la posizione del detenuto (che dovrà rispondere di ben 22 capi di imputazione) introducendo l’elemento della premeditazione.
Manning avrebbe adoperato il programma due volte: la prima in un arco di tempo compreso fra l’11 febbraio e il 3 aprile 2010; la seconda attorno al quattro di maggio dello stesso anno. In una chat con l’hacker Adrian Lamo, che poi lo denuncerà consegnando la trascrizione del colloquio agli investigatori governativi, il prigioniero di Quantico si era detto sicuro di non aver lasciato tracce che potessero ricondurre a lui: il disco fisso dei Pc utilizzati sarebbe stato cancellato in maniera sicura in seguito al ritiro delle forze armate dall’Iraq; a quanto sembra, qualche indizio sarebbe però rimasto e sarebbe stato scoperto dagli esperti di computer forensics dell’esercito.
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